Oggi più che in altri momenti, viviamo una fase articolata dove si ha la piena certezza della difficoltà attuale insieme a quella di un futuro. Molte sono le conseguenze di questa paura. Alcune estreme.

IL SUICIDIO COME RINUNCIA DELLA PROPRIA ESISTENZA

Uno tra i maggiori pericoli psicologico di questo tratto di storia è rappresentato dalla volontà di rinunciare alla propria esistenza. I dati e l’esperienza ci fanno ritenere che si sia vicini ad un inasprirsi di questo fenomeno collettivo ed individuale insieme, in seguito alle difficoltà sociali che minacciano il futuro.
Tra coloro che ho incontrato scampati al proprio tentativo di togliersi la vita, non ne ho visto nessuno che non fosse felice di avere fallito nell’intento.

Il suicidio non ha repliche, si tratta di una fine che la mente sceglie al di sopra di tutto; sceglie di non essere e di non poter più scegliere, in cambio di una tregua a cui aspira, rinunciando a qualunque sviluppo, all’ipotesi di un rimedio alla condizione che vive oggi.
Si tratta di un atto inspiegabile a maggior ragione per i contemporanei, ancor più di quello che appare ai posteri; è più comprensibile nel passato che nell’attualità, come se la distanza e la prospettiva del tempo rendessero più reale la fatica di esistere, come se le difficoltà del nostro tempo ci vedessero coinvolti direttamente e determinati a sopravvivere ad esse. Tuttavia è certo che quello che accade oggi nella mente di un essere è cominciato molto tempo prima; da molto tempo immaginato nella confusione di una difficoltà ritenuta imbattibile. È qui che la risorsa psicologica deve essere utilizzata.

DIRITTO AD UN FUTURO

Togliersi la vita rappresenta l’incredibile gesto di chi stabilisce che quello che soffre è immutabile, in una certezza di non poterne avere ragione e che questa condizione non potrà cambiare.

È la certezza di una disfatta che deve essere arrestata. La psicologia clinica deve esserci, restituendo il senso di realtà all’individuo, il quale non crede ormai che il tempo a venire sia differente da quello presente e passato. Ebbene, non è mai così. Non accade mai che il futuro sia disastroso quanto il presente di chi vive la certezza di non averne diritto. Mai accade che non sia possibile una diversa percezione della realtà tale che sia vinta la difficoltà di esistere percepita oggi.

Mai il non esistere ha ragione sulla possibilità di essere al mondo e vederlo svolgere la trama di cui si soffre la stretta.
Quell’uomo che vive la certa disfatta del desiderare la fine, va sottratto alla sua paura, restituito a sé da quel momento in avanti.

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