Dal 25 luglio 2019 è disponibile in tutte le librerie il libro Guida alla percezione del tempo, edito da Odoya e a cura di Luca Ortino.

Postfazione di Loris Pinzani

Nel corso dell’esistenza, l’uomo ha necessità di parametri a cui far corrispondere il proprio flusso biologico ed ancor più, quello mentale. Si tratta di una bisogno inavvertito nella sua totalità e completamente inconsapevole nei suoi aspetti più nascosti. Senza che sia possibile rendersene conto, vi sono limiti di percezione ed elaborazione dei pensieri, che danno consapevolezza e senso alla stessa esistenza; rappresentano condizioni intrinsecamente presenti nel corso dello svolgersi biologico; vengono avvertiti dalle capacità sensoriali, dando conto all’individuo della condizione che ha luogo durante lo sviluppo personale. Si tratta di strutture che sfuggono ad una misura dettagliata, non hanno un ruolo che possa essere percepito nel dettaglio, ma piuttosto la loro presenza accompagna la percezione stessa senza che se ne possa rilevare la precisa entità, viceversa il loro sviluppo è spontaneo nel tempo.

Una delle ragioni per cui percepiamo gli avvenimenti della realtà, vissuta o immaginata che sia, in modo corrispondente gli uni agli altri, è che lo spazio tra gli eventi è avvertito in modo simile da ogni essere umano. Si tratta quindi di una dimensione comune, ma vissuta in maniera personale, che in cui ognuno esprime una propria individualità. Per questo motivo le differenze nella percezione del tempo sono personali, pur rimanendo nell’ambito di un valore medio comune.

Esistono in psicologia i ritmi ultradiani, infradiani e circadiani: si tratta di situazioni scandite modo ciclico che consentono una autoregolazione di cui non si ha consapevolezza, come nella gran parte delle condizioni di autoregolazione antropologica. La fisicità stessa fa riscontrare una regolarità con cui si ripresentano gli aspetti del passato. In sostanza, potremmo dire che ogni aspetto della vita ha una serie di parametri psicologici in grado di assumere un significato personale in ogni istante dello sviluppo soggettivo; tra questi vi è il Tempo. Accade in questo modo che i sensi percettivi sviluppino le sensazioni lungo un continuum che si protrae con solenne e potente regolarità, mentre esso stesso viene percepito in modo discontinuo e con differenti valori a seconda dello stato d’animo emotivo del soggetto: per questo nella fenomenologia individuale vi sono minuti eterni ed anni fuggevoli. Nel frattempo i sensi rilevano circostanze ambientali o interiori, passano i giorni e le stagioni, ma ognuno attribuisce un senso personale alle emozioni che ne derivano e che riempiono la dimensione cronologica, avvertita nel tempo in modo sostanzialmente soggettivo.

La teoria della relatività ci ha resi consapevoli del fatto che il tempo non è una dimensione stabile da un punto di vista universale, lo è piuttosto per noi, a questa velocità, in questo pianeta, in questa forma esistenziale; come a dire che la nostra realtà è misurabile con un parametro che in essa, qui ed ora, rimane stabile. Accade così che il tempo per gli esseri viventi è uno degli aspetti fondamentali dell’esistenza ed in esso si rintraccia una costante per sua natura percepita come stabile ma essenzialmente aleatoria.
La condizione fondamentale del tempo riguarda certamente la progettualità umana, nel senso che si immagina quello che deve accadere grazie all’esperienza del passato. Il progetto è un’ipotesi del futuro ed in esso si esprime una tra le maggiori componenti dell’esistenza dell’uomo sulla terra: il desiderio.
Sono proprio paura ed il desiderio che rivelano l’attività umana nella sua potenza psicologia visibile; potremmo dire che l’uomo racconta sé stesso e sviluppa la vita in funzione di attrazione e rifiuto di questi due aspetti. il tutto è scandito nel (e dal) tempo: esso è utilizzato in funzione del futuro quanto del passato. In tutto questo il presente si svolge misticamente, nel senso che nell’attualità vissuta, il presente, nonostante consista in un’entità astratta, assume un potente valore psicologico.

Il tempo vive grazie al cambiamento che testimonia che anche nella mente passato e presente danno la dimensione temporale grazie alla distanza dal momento attuale

Dunque, in psicologia il tempo è scandito mediante il cambiamento delle emozioni, manifestandosi in esse nella sua pienezza.
Il tempo mentale si riconosce nelle vite vissute: corrisponde a qualcosa che si è vista nel passato e tramite il passato si è allestita la capacità di desiderare quello che si è provato e che compone la realtà. É necessario comprendere che il tempo esiste per l’aspetto cognitivo, ma non esiste per la mente, nel senso che esso ha un valore relativo al significato fisico, corrisponde quindi ad una dimensione non mentale ma cognitiva, ossia relativa al ragionamento ed alla percezione sensoriale. Per la mente è completamente assente. la mente non conosce il tempo nel senso che vive tutto come se si trattasse di una perfetta attualità: non ha luogo il tempo che attenua determinate emozioni o ricordi o che faccia maturare certe riflessioni. tutto è vissuto esattamente come se si stesse svolgendo in quell’istante. Soltanto i filtri della memoria fanno in modo che venga attenuato il valore di certi aspetti in grado di provocare dolore, aumentato quello di altri. Quindi, nella mente tutto è vissuto nel presente ed in esso esprimono traumi, azioni, speranze, ed ancora una volta, paure e desideri.

Seneca, nato nel 4 avanti Cristo parla del tempo ed esorta a vivere il presente molto più di qualunque altra circostanza. Ora, l’uomo di Neanderthal che avesse veduto la pioggia avrebbe nutrito timore oppure speranza, a seconda del suo bisogno e di quello che il nubifragio avrebbe suscitato nel proprio futuro.
In effetti oggi come allora esiste l’ansia permanente o meno per l’ipotesi del futuro; lì si compone il presente tramite gli eventi in esso scanditi. È necessario porre l’accento su quello che l’ignoto insito nell’ipotesi futura è in grado di provocare, nel senso che l’ansia distingue il futuro indesiderato da quello atteso.

Il fatto che la mente non conosca il tempo ma viva tutto esclusivamente nel tempo presente corrisponde all’aspetto di massima rilevanza tra quelli che inducono ad esistere. L’ignoto è da sempre il grande tema e problema umano, sempre il grande motivo della paura. In ogni istante l’individuo teme il proprio futuro e cerca di orientarne le componenti. Da un punto di vista psicopatologico possiamo dire che il futuro è orientato e disposto a seconda di quanto l’individuo riesca a leggere la realtà, ossia di quanto sia lontano dalla nevrosi.

Altro aspetto psicologicamente determinante riguarda il fatto che le esperienze di vita intaccano e plasmano la percezione del tempo. Questo sta a significare che a seconda di quella che potremmo definire attenzione alla percezione del tempo, si riscontra una certa determinata capacità di coglierne gli aspetti significativi. Potremmo dire che l’uomo orienta la propria personalità in modo da soddisfare l’urgenza di raggiungere un determinato risultato. Molto spesso accade di osservare individui che non hanno la possibilità di concentrarsi in quello che sta avvenendo né tantomeno di attingere ai risultati delle loro azioni, come se dovessero prendere la rincorsa per una esistenza da saltare anziché da vivere. A prescindere dalle capacità intrinseca, il risultato è un profondo senso disattenzione, come se la cosa più importante fosse lo scorrere del tempo per poter osservare da più vicino futuro che è finalmente diventato presente.
La smania del tempo è la stessa cosa che compare in adolescenza nel disturbo dell’attenzione con iperattività.

Per capire il senso del tempo percepito dalla mente è necessario provvedere a comprendere il paragone tra questo disagio mentale ed il comportamento appena descritto; sia nell’infanzia che in età adulta la necessità è simile: vivere con intensità un’esistenza che tende a fuggire equivale ad arrivare più velocemente ad assaporare un’esistenza che tende a non essere al centro della propria attenzione, distolti dalla loro stessa richiesta di avidità emotiva. Da questo si scatena una frenesia che si ripercuote naturalmente nel modo di vivere il tempo e che caratterizza e determina la loro stessa esistenza.

Il tempo è in grado di metterci in contatto con una profonda soggettività nello svolgersi dell’esistenza, in cui si sviluppa una dimensione longitudinale con caratteristiche simili tra gli individui ma certamente non uguali. La mente non ha memoria e vive nel presente, dicevamo; con la stessa modalità ricerca gli aspetti fondamentali della propria vita: le emozioni.

Non c’è uso della memoria nell’ambito della psicologia del profondo, tanto quanto non è possibile ipotizzare un aspetto futuro, in cui gli eventi possano realizzarsi. La paura quanto la gioia nel futuro o nel passato, vengono vissute esattamente come se stessero avvenendo nel momento presente; solo la perizia un filtro parsimonioso ed incredibile, separa da noi il risultato di questa straordinaria intensità. È proprio la capacità di disgiungere l’intensità dell’approfondimento tra pensieri inconsapevoli e l’aspetto cognitivo che come dice il termine, conosciuto dall’individuo, che permette di attenuare l’emozione che deriverebbe dall’avere accesso alla propria più profonda intimità emotiva fin troppo intensa, a cui non sapremmo far fronte.

Dunque il tempo è relativo non solo in fisica quantistica ma ancor più nella mente umana che ne trae ipotesi di paura e desiderio.

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